Luciano Floridi: “L’intelligenza artificiale ha potenzialità enormi, evitiamo che diventi una bolla”
di Adele Sarno Intervista col più autorevole filosofo del web Luciano Floridi, membro del Comitato Scientifico…
di
Jean Monnet Professor of EU Innovation Policy; Professor in Digital Transformation and AI Policy; Ordinario di diritto dell’economia nell’Università Europea di Roma e Direttore ICPC – Innovation, Regulation and Competition Policy Centre (socio IAIC)
ICPC-Innovation, Regulation and Competition Policy Centre, Università Europea di Roma
Il Digital Services Act (DSA) della Commissione europea non migliora solo la trasparenza e la correttezza delle pratiche di mercato nei servizi digitali, ma estende anche il raggio d’azione nella tutela dei diritti, anche in tema di proprietà intellettuale. I nodi da sciogliere sono tuttavia delicati. Ecco quali
La proposta della Commissione europea sul Digital Services Act punta a innestare germi di trasparenza e correttezza nell’offerta di servizi digitali. Il pacchetto nutre l’ambizione di dare impulso al mercato unico, assicurando la correttezza delle pratiche di mercato, la certezza dei diritti e la prevedibilità delle regole [1]. Ma rimangono ancora alcuni problemi da risolvere.
Significative e attese sono le implicazioni e le correlazioni anche sul fronte della tutela dei diritti. L’affermazione dell’economia digitale ha aumentato la disponibilità in rete di prodotti contraffatti, non conformi o non autorizzati o di altri beni scambiati illegalmente, così come la proliferazione di contenuti illegali, da cui scaturisce il fenomeno dell’incitamento all’odio ovvero l’hate speech. I contenuti illegali, attraverso gli algoritmi di profilazione e personalizzazione dei servizi, facilitano poi la polarizzazione e radicalizzazione del dibattito pubblico.