Forse sarà un caso. Alla vigilia dell’incontro del governo con le opposizioni sul tema delle riforme costituzionali, che si terrà oggi, viene pubblicato un pamphlet di Gustavo Zagrebelsky, intitolato Tempi difficili per la Costituzione, dove l’autore se la prende, tra l’altro, con “gli smarrimenti dei costituzionalisti”, e quindi anche con sé stesso. La critica è quella di avere uno scarso impegno per la difesa della Costituzione, e di assecondare i rischi di una riforma del sistema di governo che, qualunque essa sia, stravolgerebbe la Carta costituzionale.
Potrei facilmente replicare che i costituzionalisti parlano e scrivono di riforme dagli anni Settanta: quantomeno a partire dal dibattito sulla rivista Gli Stati, dove personalità come Mortati, La Pergola, Sandulli, Crisafulli e Galeotti discutevano della ipotesi di fare eleggere direttamente dagli elettori il presidente del Consiglio, il cd. “premierato elettivo”. Una proposta, che oggi sembra trovare consensi nella maggioranza e in parte dell’opposizione (Italia Viva e Azione). È una delle tre ipotesi di riforma, perché le altre due sono il presidenzialismo e il semipresidenzialismo. Tutte e tre le ipotesi hanno un minimo comune denominatore: l’elezione a suffragio universale del vertice istituzionale (Capo dello Stato o di governo), con conseguente valorizzazione del principio di sovranità popolare.