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FinTech tra regolazione, innovazione e mercato

Quasi a rappresentare una ideale continuazione della Tavola Rotonda svoltasi in Consob a Roma il 24 ottobre 2019, lo scorso 20 gennaio la Banca d’Italia ha ospitato nella sua sede milanese un incontro su “FinTech tra regolazione, innovazione e mercato”. L’occasione per approfondire questi temi è stata rappresentata, sia nell’un caso che nell’altro, dalla pubblicazione nel 2019, per i tipi dell’editore Zanichelli, dell’opera collettanea, a cura di Giusella Finocchiaro e Valeria Falce (soci fondatori di IAIC), dal titolo Fintech: diritti, concorrenza, regole.

I lavori sono stati aperti dal Dott. Giuseppe Sopranzetti, Direttore della sede di Milano di Banca d’Italia, che, nel salutare con favore l’iniziativa, ha richiamato l’importanza sempre maggiore dei temi legati alla sostenibilità anche nel mondo del FinTech.

L’Avv. Alessandra Perranzelli, Vice Direttore Generale della Banca d’Italia, ha dunque preso la parola per la Relazione introduttiva, sottolineando prima le potenzialità dell’economia delle piattaforme in termini di sviluppo, progresso e innovazione, e poi richiamando le cautele e possibili rischi schiusi dalle nuove modalità con le quali sono offerti i servizi a consumatori e clienti. Acutamente il Vice Direttore Generale ha ravvisato la necessità di promuovere il passaggio da modelli tradizionali e regole “analogiche” a “regole digitali”, capaci di cogliere la rapidità e le direzioni dell’innovazione e di interpretare sino in fondo la democrazia digitale. In questa prospettiva, l’Avv. Perrazzelli ha avvertito come le regole digitali siano e debbano essere orientate alle attività e ai rischi che queste alimentano piuttosto che ai soggetti che tradizionalmente ponevano in essere una certa attività.

Il prof. Francesco Denozza, nel suo intervento, si è soffermato su uno dei tre pilastri del volume: l’innovazione. Richiamando la “distruzione creativa” di schumpeteriana memoria, ha sottolineato come il processo creativo che caratterizza FinTech comporta un elevato grado di distruzione, che d’altra parte impone una valutazione sistemica del nuovo fenomeno e non più un’attenzione esclusiva alla singola fattispecie. Le implicazioni sono evidenti. A suo avviso, il pubblico deve intervenire anche rispetto alle decisioni che stanno dietro agli investimenti, e quindi a decisioni che sono delegate ai privati. È insomma necessario ripensare la divisione tra pubblico e privato, sia per quanto concerne il mondo della finanza sia per quanto riguarda il mondo dei sistemi di pagamento.

Nella successiva relazione il prof. Luca Enriques ha affrontato il tema, anch’esso ampiamente esplorato nel Volume, del rapporto tra banche tradizionali e imprese FinTech nella prospettiva delle forme di collaborazione che si vanno affermando (“white label fintech”; “white label banking”; “accordi di co-branding”) e delle forme di “esternalizzazione” di servizi bancari che ne possono scaturire, così richiamando l’attenzione sui possibili rischi regolamentari. Se infatti non possono essere “esternalizzati” la governance della banca, il sistema di gestione del rischio e la funzione di audit, d’altra parte non è escluso che la banca tradizionale operi come outsourcer e l’impresa FintTech come fornitore di servizi, così che questa rimane fuori dal radar della vigilanza.

È poi intervenuta la prof. Valeria Falce, co-curatrice del Volume, che, richiamato il quadro regolamentare europeo in tema di dati e databases si è interrogata sulla sua coerenza e funzionalità rispetto alla promozione del principio della portabilità dei dati, che in materia Fintech è elevato a criterio guida per assicurare la concorrenzialità del mercato e garantirne la tensione al progresso. Le conclusioni cui è pervenuta l’analisi sono sfaccettate, perché nell’ecosistema digitale i costitutori di mix databases godono di una tutela forte che rischia di compromettere la portabilità dei dati, con implicazioni di sistema da non trascurare.

Nella sua relazione la prof. Giusella Finocchiaro, co-curatrice del Volume, ha sottolineato la complessità del fenomeno FinTech, sul quale insistono regole, materie ed ambiti diversi, ed i cui livelli di interazione non sono immediatamente e facilmente identificabili, così rendendo non agevole l’individuazione dei regolatori, degli ambiti di sovranità, dei confini territoriali. In questo scenario, regole sovranazionali, nazionali e forme di autoregolazione si compenetrano, così che FinTech si presenta come un cantiere, con diverse architetture e diversi materiali, e come una sfida verso il bilanciamento tra i diversi interessi.

Il prof. Antonio Gambaro ha richiamato la varietà di prospettive e la necessità di gerarchie e regole ad imbrigliare il fenomeno FinTech, che vengono analizzate nel Volume. A suo giudizio, di fronte ai profondi cambiamenti in corso le regole devono cambiare e nuove idee e nuovi lessici devono essere introdotti. Anche la nuova regolamentazione necessità di un principio di gerarchia e di un rigoroso rispetto del principio di distinzione tra norme primarie e regolamenti di attuazione: ciò che però connota nel settore bancario e finanziario tale costruzione gerarchica è la assoluta primazia della fonte europea. La fonte primaria è indubbiamente il diritto dell’Unione Europea ed è ovvio che sia così perché il fenomeno da regolare, il FinTech, è un fenomeno globale che non può essere regolato a livello nazionale. E tuttavia, conclude il Prof. Gambaro, il diritto dell’Unione è incompleto, anche quando si esprime con regolamenti, e comunque difetta del lessico essenziale.

A moderare e concludere la Tavola Rotonda è intervenuto il Dott. Massimo Doria, Vice Capo del Servizio Rapporti istituzionali di Vigilanza della Banca d’Italia.

Di Cecilia Sertoli

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