La stagione della pandemia non sembra esaurirsi. Al contrario, il virus ha ritrovato vigore in…
“Search neutrality e benessere del consumatore”, l’abstract dell’intervento della Prof.ssa Valeria Falce al convegno in Agcm
Da un lato le contestazioni notificate il 15 aprile u.s a Google, in cui la Commissione lamenta la preferenza che il motore di ricerca accorderebbe sistematicamente ai risultati legati o comunque riconducibili a soggetti con i quali Google intrattiene relazioni commerciali, a prescindere cioè da una effettiva rilevanza dei servizi Google rispetto alla query inserita dall’utente nella barra di ricerca.
Da un altro lato, la Comunicazione del 6 maggio sulla strategia da seguire per realizzare il Mercato digitale, in cui la Commissione, nel soffermarsi sul Secondo Pilastro (creare le giuste condizioni per lo sviluppo delle reti digitali e dei servizi), riconosce al § 3 i cambiamenti epocali intervenuti, lo stravolgimento dei tradizionali modelli di business, il ruolo propulsivo della concorrenza e dell’innovazione.
Ora, nell’ambito del procedimento antitrust, alla Commissione spetterà chiarire quale sia il ruolo dell’innovazione nell’economia digitale, declinare le dinamiche competitive sui mercati interessati, e di qui valutare se la condotta di Google sia riconducibile ad una (aggressiva ma pur sempre) legittima iniziativa innovativa ovvero ad una strategia che interferisce significativamente sulla concorrenza e l’innovazione.
Quanto alla Strategia sul mercato digitale, la Commissione sarà chiamata ad approfondire i limiti strutturali e comportamentali connessi all’attuale architettura, per poi proporre soluzioni di metodo e di merito.
La sfida che si annuncia è innanzitutto di policy.
Si dovranno scoprire le carte su delicati temi, tra i quali: 1) la neutralità dei motori è un obiettivo da perseguire nella prospettiva dell’innovazione, della concorrenza e del benessere dei consumatori? 2) e semmai le evidenze confermassero la selettività nelle scelte operate da Google, l’esercizio di questa scelta avrebbe in sé una carica anticoncorrenziale o esprimerebbe l’innovatività di un servizio? 3) più tecnicamente, quella condotta qualificherebbe in sé un abuso o andrebbe accertato un effetto distorsivo? Le risposte a queste domande si inseriranno poi in un mosaico più ampio, la Digital Single Market Strategy for Europe.
Qui, la Commissione preannuncia entro il 2015 un approfondimento sul ruolo delle piattaforme, sul peso della shared economy e sul contributo degli intermediari on line sotto 4 diverse ed intrecciate prospettive: 1) la trasparenza nei risultati di ricerca; 2) l’uso delle informazioni acquisite; 3) le opportunità e gli ostacoli (per consumatori e imprese) nel passaggio da una piattaforma ad un’altra; 4) le misure da introdurre per contrastare la condivisione di contenuti illegali su Internet.
Alla fine bisognerà decidere come garantire un armonico sviluppo dell’ecosistema digitale. La scelta potrà consistere nel promuovere iniziative bottom up (è quanto si sta realizzando in materia di standard, brevetti e cloud), lasciare il mercato libero di esprimersi, salvo poi intervenire in caso di condotte anticoncorrenziali (è quanto sta accadendo con il caso Google UE) o, infine, sancire la sfiducia nei confronti dei meccanismi auto-regolatori del mercato, e avviare come extrema ratio un processo regolatorio.
[*] Professore di diritto dell’economia presso l’Università Europea di Roma; Membro della Commissione Ricorsi avverso i Provvedimenti dell’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi; Visiting Fellow presso lo Schuman Centre dell’Istituto Universitario Europeo; Socio Fondatore dell’Accademia Italiana del Codice di Internet; Coordinatore scientifico del Master della LUISS e dell’Università Europea di Roma in Diritto dell’innovazione e della concorrenza.