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Superlega, perché non è detto che il suo lancio comporti il crollo della piramide dello sport europeo

di Fabrizio Di Benedetto, Jacques Moscianese e Oreste Pollicino*
 tempo di lettura 3 min

La strada della Superlega non resta comunque senza ostacoli

I Trattati dell’Ue mettono lo sport fra i principi da promuovere alla pari dell’istruzione. Lo sport ha, insomma, un valore costituzionale nel sistema Ue non inferiore all’istruzione scolastica e universitaria. Ed è ormai comune nel gergo giuridico parlare di «piramide» dello sport europeo che vede, alla base, lo sport dilettantistico e, al vertice, quello professionistico. Una piramide che non deve essere chiusa, ma aperta a competizioni alternative a quelle esistenti, privilegiando il merito sportivo, che è il vero spirito su cui si fonda il modello. Tuttavia, per reggere, la piramide non può fare a meno della solidarietà finanziaria, ossia della redistribuzione dei ricavi generati dagli eventi, laddove il vertice della piramide è richiesto di sostenere ciò che c’è alla base.

 

È anche sul conflitto fra questi principi che reggono la piramide (apertura a competizioni alternative e solidarietà finanziaria) che si è giocata la partita (sic!) fra Uefa e Fifa, da una parte, e Super League, dall’altra. Un sistema eccessivamente aperto a competizioni alternative, infatti, rischierebbe di intaccare la redditività delle competizioni esistenti e, in ultima analisi, la possibilità di redistribuire risorse dall’alto verso il basso.

 

La sentenza della Corte di Giustizia Ue

Come ormai noto ai più, nella giornata di ieri, la Corte di giustizia dell’Ue ha emesso una sentenza sul caso Super League in cui dichiara incompatibili con le norme europee (della concorrenza e del mercato interno) le regole di Uefa e Fifa in materia di autorizzazione preventiva delle competizioni alternative a quelle da loro promosse.

Il caso nasce da un rinvio di interpretazione disposto dal Juzgado de lo Mercantil di Madrid, in una causa che vedeva la Super League contestare le normative di autorizzazione di Uefa e Fifa ai sensi della disciplina Ue della concorrenza.

In sostanza, restando al giudice del rinvio stabilire sul caso concreto, la Corte ha ritenuto che le norme di autorizzazione preventiva adottate da Uefa e Fifa e le connesse sanzioni rappresentino una violazione del divieto di intese anticoncorrenziali, così come del divieto di abuso della posizione dominante e delle norme sulla libera prestazione dei servizi, in quanto la procedura di previa autorizzazione delle competizioni alternative a quelle gestite da Uefa e Fifa risulta opaca, non oggettiva, discriminatoria e sproporzionata agli obiettivi che le due associazioni incumbent del mercato del calcio dicono di perseguire. Fra questi, il coordinamento fra le competizioni, l’eguale accesso alle stesse sulla base del merito e la già citata solidarietà.

Nessuna giustificazione a tale opacità di procedura è stata poi ritenuta sussistere da parte della Corte, a differenza dell’Avvocato generale che – con le sue conclusioni – aveva lasciato aperto uno spiraglio per considerare legittime le norme di autorizzazione preventiva di Uefa e Fifa (per il tramite della cosiddetta accessorietà su cui non è il caso di soffermarsi qui). Insomma, le procedure previste per autorizzare competizioni alternative da parte di Uefa e Fifa hanno l’obiettivo di riservare di fatto esclusivamente a tali enti l’organizzazione di competizioni come quella che i fondatori della Super League vorrebbero promuovere. L’obiettivo di Uefa e Fifa, secondo la Corte, sarebbe quello di rafforzare la loro posizione (già dominante) sul mercato europeo del calcio.

 

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*socio fondatore di IAIC

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