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Giusella Finocchiaro lascia la Fondazione del Monte: “In otto anni 50 milioni alla città per sostenere la scuola e le donne”

La presidente fa il suo bilancio. “In futuro bisognerà lavorare sull’innovazione. Bologna è una città più internazionale e può fare da apripista nel digitale”

 

Aver erogato 50 milioni alla città in otto anni, investendo in particolare su scuola e condizione femminile. Sono queste le cose che ricorda con più orgoglio Giusella Finocchiaro, che ieri ha lasciato dopo due mandati da presidente la Fondazione del Monte.

 

Quali sono gli interventi più importanti di questi otto anni?

«Aver mantenuto le erogazioni promesse distribuendo 50 milioni, nonostante Brexit, pandemia, guerra in Ucraina e inflazione. Nel frattempo il nostro patrimonio è cresciuto da 231 a 240 milioni e abbiamo già accantonato i fondi per mantenere le erogazioni stabili nei prossimi tre anni. Dal punto di vista dei progetti invece abbiamo investito molto su scuola e donne, su cui non abbiamo mai tagliato ma anzi incrementato il nostro sostegno».

 

Dopo la pandemia, l’alluvione…

«Esatto. Com’è stato per il Covid noi abbiamo erogato subito 500mila euro, mentre a livello nazionale Acri più altre fondazioni hanno messo a disposizione 2,7 milioni per i bisogni più immediati».

 

Cosa rimane da fare in Fondazione?

«In questo mandato abbiamo iniziato a coltivare una prospettiva internazionale, accreditandoci nella Commissione economico-sociale delle Nazioni Unite. Credo che ci sia da sviluppare questo, oltre che lavorare su innovazione, genitorialità e condizione femminile».

 

A proposito di femminile, nel cda c’era solo un uomo.

«Noi invece che una quota rosa abbiamo una quota blu (ride, ndr). Era una cosa voluta, volevamo dare un segnale».

 

Le fondazioni vengono spesso percepite come oscuri luoghi di potere, cosa ne pensa?

«Per noi non è mai stato così, siamo totalmente trasparenti. Le fondazioni sono difficili da comprendere per chi non le frequenta perché vengono viste come un sostegno al sistema bancario, e lo sono state in realtà, ma nel nostro caso c’è stata una progressiva diversificazione del patrimonio, siamo passati dal 70% investito in Unicredit a meno dell’1% di oggi. l patrimonio è molto diversificato, grazie a un veicolo specializzato che ha abbassato volatilità e rischio».

 

Ci sono stati attriti tra fondazioni e istituzioni. Il rapporto con la città?

«Abbiamo lavorato molto bene sia con Bologna che con Ravenna, con le istituzioni e i privati. Abbiamo sempre cercato di fare le cose insieme agli altri, senza rivendicare esclusive ma collaborando sempre».

 

Com’è cambiata Bologna?

«È diventata più internazionale. Credo sia visibile per tutti, sia per l’afflusso di turisti che per Tecnopolo, Università dell’Onu e allargamento della Johns Hopkins. Sono belle sfide da cogliere per lo sviluppo delle conoscenze e in particolare per quella digitale. Bologna in questo può fare da apripista».

 

Più speranze o timori per l’Intelligenza artificiale?

«Porterà tanti vantaggi in molti campi, come la medicina. Bisogna lavorare su educazione e consapevolezza, perché non tutto quello che viene elaborato dai sistemi attuali è necessariamente la rappresentazione veritiera della conoscenza. Rischi ci sono ma vanno regolati dal punto di vista giuridico ed etico».

 

Si fa il nome di Pierluigi Stefanini come suo successore.

«Ancora non si sa, il Consiglio di indirizzo deciderà il 4 luglio»

 

 

 

Leggi l’articolo completo su La Repubblica

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