10L’incontro, organizzato a Roma dall’Istituto per la Cultura dell’Innovazione, ha messo al centro della discussione le questioni…
“Media Framework for the 21st Century”: IAIC contribution to the consultation on Directive 2010/13 / EU on audiovisual media services
L’Accademia Italiana del Codice di Internet ha contribuito alla consultazione pubblica aperta dalla Commissione Europea in merito alla direttiva 2010/13/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 marzo 2010, relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti la fornitura di servizi di media audiovisivi.
La revisione della direttiva figura infatti nel programma di lavoro della Commissione per il 2015 nell’ambito del Programma di controllo dell’adeguatezza e dell’efficacia della regolamentazione (Regulatory Fitness and Performance Programme – Reift). Nella sua comunicazione relativa alla Strategia per il mercato unico digitale per l’Europa, la Commissione ha annunciato la revisione della direttiva nel corso del prossimo anno, mentre un altro esercizio di REFIT è attualmente in corso, parallelamente, nel settore delle telecomunicazioni, in vista della presentazione di proposte nel 2016. La direttiva non si applica al contenuto ospitato da piattaforme e intermediari online per la condivisione di video; una valutazione del ruolo svolto da questi soggetti sarà avviata separatamente alla fine dell’anno in corso.
Anche in base al percorso che due anni fa ha portato all’adozione del libro verde “Prepararsi a un mondo audiovisivo della piena convergenza: crescita, creazione e valori“, Bruxelles ha individuato i seguenti aspetti che dovranno essere presi in considerazione nella valutazione e nella revisione della direttiva:
- garantire condizioni di parità per i servizi di media audiovisivi;
- fornire un livello ottimale di tutela dei consumatori;
- assicurare la tutela dell’utente e il divieto di incitamento all’odio e di discriminazione;
- promuovere il contenuto audiovisivo europeo;
- rafforzare il mercato unico;
- rafforzare la libertà e il pluralismo dei mezzi di comunicazione, l’accesso alle informazioni e l’accessibilità al contenuto per le persone con disabilità.
L’Accademia ritiene che le disposizioni sui servizi a cui si applica la direttiva (trasmissioni televisive e servizi a richiesta) siano ancora pertinenti, efficaci ed eque: “La direttiva AVMS è stata pensata al fine di assicurare l’equo sviluppo del mercato audiovisivo, garantendo la tutela del pluralismo e delle diversità culturali presenti nel territorio dell’Unione. L’analisi dei trend di crescita dal 2003 al 2013 del mercato indicato mostrano come la direttiva abbia consentito il conseguimento degli obiettivi di politica legislativa richiamati, essendovi stati incrementi dei guadagni, nonostante il contesto di crisi economica che ha caratterizzato nel periodo di riferimento l’economia europea e mondiale (v. il documento “La tecnologia è Cultura” del 2014)”.
“In detto periodo si è avuta la nascita e lo sviluppo di nuove tecnologie telematiche che, grazie alla convergenza tecnologica, hanno consentito di veicolare contenuti attraverso nuovi media che con il tempo si sono affermati, specie tra le nuove generazioni che oggi ne fanno un largo utilizzo. Tale scenario ha fatto insorgere nei broadcaster tradizionali la convinzione che fosse opportuna un’equiparazione tra vecchi e nuovi media, anche in ragione di una sostanziale concorrenza in termini di fonti di finanziamento: la pubblicità. In particolare il dibattito, che ha in parte qua originato l’odierna consultazione, prende le mosse dalla circostanza che la pubblicità è oggetto di analitica disciplina nella direttiva AVMS a fronte di una totale libertà del fenomeno, in termini quantitativi, non anche di contenuti dei messaggi, nella disciplina dei servizi della società dell’informazione. Tuttavia, come si è avuto modo di sostenere in audizione il 10 febbraio u.s. di fronte alla Camera dei Deputati del Parlamento italiano, l’assunto da cui muovono quanti sostengono che la concorrenza tra vecchi e nuovi media si rivela errato quando si constata che il target dell’advertising veicolato tramite i canali tradizionali è profondamente differente rispetto a quello dei messaggi pubblicitari veicolati sulle nuove piattaforme. In altri termini, anche se gli intermediari hanno una funzione di accesso a contenuti editoriali non competono con questi”.
“Essi sono concorrenti solo in via astratta in quanto la pubblicità può transitare anche sulla rete informatica, ma i destinatari dei due media sono differenti e non vi è una alternatività trai due quali canali pubblicitari, essendo, di fatto, ontologicamente diversi. Prodotti editoriali che nascono per una realtà possono essere veicolati anche su altre piattaforme ivi conseguendo ulteriori guadagni. Riprova ne sia che tali nuove tecnologie sono sovente impiegate dai broadcaster tradizionali per offrire ai propri utenti nuovi servizi che hanno rappresentato un’alternativa all’offerta illegale di contenuti audiovisivi. Le controversie insorte in materia di diritto d’autore sulle piattaforme user generated content palesano come i titolari dei diritti di contenuti lamentassero la possibilità di conseguire i dovuti ricavi dalla vendita di spazi pubblicitari destinati ad un audience diverso rispetto a quello considerato per valorizzare lo spazio vendita sul media tradizionale”.
“Nello specifico delle numerose controversie avverso la piattaforma YouTube numerosi operatori del settore audiovisivo lamentavano il danno economico derivante dalla presenza di contenuti tutelati dal diritto d’autore dalla fruizione dei quali non ricavavano alcun entrata economica. Ciò palesa, l’infondatezza della posizione di quanto reclamano l’ampliamento dell’ambito soggettivo di applicazione ai nuovi soggetti di internet. Per tale ragione si ritiene che le disposizioni della direttiva AVMS siano ancora pertinenti, efficienti ed eque e che non necessitino di un adeguamento al mutato scenario tecnologico”.
L’Accademia consiglia di seguito di pubblicare linee guida della Commissione europea che chiariscano l’ambito di applicazione della direttiva, in quanto “allo stato attuale sussistono ancora degli spazi vuoti in cui non è chiara la disciplina da applicare ai vari soggetti. In questo senso si vedano le numerose domande pregiudiziali che i giudici nazionali hanno posto alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea in ordine alle definizione della direttiva AVMS e agli obblighi cui diversi soggetti sono obbligati ad adempiere (cfr. ex multis, C-376/12 sugli obblighi dei fornitori di servizi di comunicazione elettronica, Sky, in Italia)”.
E se “nell’ambito dei servizi audiovisivi le disposizioni relative all’ambito geografico della direttiva sono ancora pertinenti ed i principi ivi sanciti mantengono il connotato dell’efficacia e dell’equità”, l’Associazione precisa: “L’approccio adottato dal Legislatore europeo nel definire l’ambito geografico è finalizzato ad assicurare la possibilità per i consumatori europei di fruire di contenuti provenienti da tutto il mondo la cui disponibilità potrebbe essere pregiudicata dall’estensione dell’ambito di applicazione della direttiva ai servizi di media audiovisivi che sono stabiliti al di fuori dell’UE ma che si rivolgono al pubblico dell’UE. Un autorevole studio, la cui impostazione e analisi si condivide appieno, (v. Osservatorio europeo dell’audiovisivo, European Audiovisual Observatory, ‘The development of the European market for on-demand audiovisual services’ del 2015, p. 56) ha dimostrato come, ad esempio, il pluralismo informativo verrebbe leso da tale estensione in quanto potrebbe impedire la circolazione di contenuti informativi veicolati in paesi extra UE la cui fruizione diretta assicura la possibilità di comprendere come eventi e notizie vengono percepite in diversi ambienti culturali. L’applicazione transfrontaliera delle regole unionali sarebbero, peraltro, di difficile applicazione, condizione che potrebbe pregiudicare l’efficacia complessiva della direttiva AVMS”.
In materia di pubblicità, l’Accademia afferma che “in un persistente scenario di crisi economica, tuttavia, si ritiene che al fine di stimolare una maggiore crescita degli investimenti pubblicitari nei media tradizionali si potrebbero mitigare i limiti quantitativi alle inserzioni pubblicitarie, tenendo anche in maggiore considerazione le specificità delle differenti tipologie di messaggi pubblicitari. Differenti tipologie di inserzioni pubblicitarie sono, infatti, conteggiate, secondo le indicazioni fornite dalla Commissione europea, in modo unitario. Ciò, in realtà, non apporta un beneficio in senso stretto a favore dell’utenza che accetta nuove forme di advertising, specie se finalizzate a finanziare contenuti di maggiore qualità. Quanto ai servizi della società dell’informazione la disciplina in materia di e-commerce è di per se sufficiente ad assicurare la tutela del consumatore, anche in ragione della non sovrapponibilità della regolamentazione in materia di pubblicità di cui alla direttiva AVMS alla realtà degli intermediari. I consumatori hanno un elevato controllo di ciò che guardano tramite i servizi on-demand, cosa che giustifica una differenza costante tra i servizi on-demand e servizi non lineari, e il quadro forte, già esistente, di protezione del consumatore non presenta lacune particolari o difetti che richiedono la modifica delle regole. Ciò che potrebbe, al più prevedersi, è un sistema di controllo dei messaggi pubblicitari che vengono veicolati tramite i contenuti on-demand in modo che non vengano aggirate le disposizioni relative i divieti per fasce orarie e, in particolare, quelli a tutela dei minori”.
Importante anche il punto su tutela dell’utente e divieto di incitamento all’odio e di discriminazione: “Come noto il presupposto per l’applicazione della direttiva AVMS è la responsabilità editoriale del soggetto che fornisce il servizio audiovisivo, il che individua una precisa attività decisionale nello svolgimento della quale devono essere rispettate tutte le disposizioni. Considerata l’area di studio della Scrivente e il dibattito che ha in parte originato la presente consultazione si ritiene importante anche nella risposta al presente quesito sottolineare l’attualità delle disposizioni evidenziando l’inapplicabilità ai servizi online e alle piattaforme di contenuti generati dagli utenti. L’assenza di un soggetto che effettua scelte editoriali ha, infatti, nel tempo evidenziato come i titolari dei servizi non potessero essere ritenuti responsabili delle condotte illecite dei terzi e anche per tale ragione si è assistito allo sviluppo di strumenti tecnici accompagnati da una intensa attività di co- e auto-regolamentazione accompagnato alla definizione di best practice di settore basate sulla tolleranza zero nei confronti di qualsiasi forma di incitamento all’odio. In questa prospettiva anche gli intermediari hanno adottato scelte di politica legislativa in linea con la direttiva AVMS, contro i contenuti che incitano alla violenza, all’odio, al terrorismo (in ogni forma e di qualsiasi matrice) definendo al contempo iniziative volte ad informare l’utenza sempre tramite lo sfruttamento di contenuti user generated (c.d. counter speech)”.
Anche per ciò che riguarda la tutela dei minori, la distinzione fra servizi di trasmissione televisiva e fornitura di contenuto nei media audiovisivi a richiesta appare ancora pertinente, efficace ed equa: “Le emittenti hanno, nell’ambito delle scelte editoriali che le caratterizza, il pieno controllo sui contenuti messi a disposizione degli utenti sui loro canali, e l’AVMS inquadra bene questa situazione: i contenuti che potrebbero seriamente compromettere i minori non devono essere inclusi in qualsiasi palinsesto per i servizi lineari, e devono essere resi disponibili solo in un modo che garantisca che i minori non vedano o ascoltino normalmente tali servizi on-demand. La maggiore digitalizzazione delle nuove generazioni suggerisce, tuttavia, un rafforzamento delle disposizioni in materia di tutela dei minori affinché attraverso i sistemi di parental control possa essere controllata non solo la fruizione di contenuti vietati ai minori, ma anche dei più semplici contenuti di cui viene consigliata la fruizione con i genitori. Le politiche di co- e auto-regolamentazione sviluppate in tal senso dai fornitori di servizi intermediari palesano, ancora una volta, l’inadeguatezza di estensioni tout court di discipline designate per diversi ambiti applicativi, ma come piuttosto efficaci strumenti tecnici possano essere efficacemente e analogamente reimpiegati (si pensi alle modalità di autenticazione su YT e FB). Ai fini della tutela dei minori, dunque, si potrebbe rafforzare la tecnologia di controllo “a destinazione” (devices) (tipo DRM) attraverso la cooperazione tra fornitori di contenuti e piattaforme nella classificazione dei contenuti stessi, unitamente all’educazione delle famiglie alla conoscenza ed uso degli strumenti di identificazione e blocco, parental contol”.
La direttiva mira anche a promuovere le opere europee e, di conseguenza, la diversità culturale nell’Ue. Per i servizi di trasmissione televisiva, gli Stati membri dell’UE sono tenuti a garantire, laddove applicabile e con i mezzi adeguati, la presenza di una certa quota di opere dell’UE e di produzioni indipendenti. Per i servizi a richiesta, gli Stati membri dell’UE possono scegliere tra varie alternative per raggiungere l’obiettivo di promuovere la diversità culturale. Tali alternative includono i contributi finanziari alla produzione e all’acquisto dei diritti di opere europee, o norme che garantiscano la presenza di una certa quota e/o la preminenza di opere europee. Gli Stati membri dell’UE devono anche rispettare l’obbligo di rendere conto delle azioni messe in campo per promuovere le opere europee, sotto forma di rapporto dettagliato da presentare ogni due anni.
“L’introduzione di obblighi di programmazione e investimento in opere europee – chiosa l’Accademia – ha consentito e consente, tutt’oggi, di stimolare i grandi broadcaster ad investire nella creatività europea, così evitando che soggetti che operano a livello internazionale possano prediligere l’acquisto di opere americane, sovente già detenute, che non tengono in adeguata considerazione la diversità culturale europea. Ciò che, in vero, pare opportuno sia uniformato in materia sono le politiche di esenzione che l’attuale quadro normativo rimette ai singoli Stati membri, così, in astratto, potendo causare uno squilibrio sul piano concorrenziale. L’efficacia dell’attuale direttiva per promuovere la diversità culturale, e in particolare le opere europee, sono i livelli record di produzione cinematografica in Europa: i dati più recenti indicano che la produzione cinematografica europea (compresi i documentari) e la quota dei film europei ai box office sono a livelli record: 1603 film europei sono stati prodotti nel 2014 (rispetto ai 1499 del 2010), e la loro quota al botteghino (per quelli rilasciati nei cinema) ha raggiunto il 33,6% (dal 25,4% del 2010). Si veda in proposito lo European Audiovisual Observatory, ‘Box office up in the European Union in 2014 as European films break market share record ’, May 2015; in questo senso si veda anche lo studio dell’UNESCO, ‘From International Blockbusters to national hits: Analysis of the 2012 UIS Survey on feature film statistics’. Come inciso sia consentito di osservare che le piattaforme user generated content siano, in assenza di specifica disposizione, il primo canale per veicolare al pubblico opere culturali di nicchia, che non rientrerebbero nei tradizionali canali di distribuzione. Un ulteriore elemento che palesa da un lato l’attualità, in termini di pertinenza, efficacia ed equità, della direttiva AVMS e l’insovrapponibilità della stessa ai servizi internet. L’audience limitato, ancorché in costante crescita, delle piattaforme internet suggerisce il mantenimento della disposizione primaria delineata nella direttiva AVMS che dovrebbe, come detto, essere ancora più stringente in ordine alla definizione di eccezioni e limitazioni comuni a tutta l’Unione”.
Si tocca poi il tema dell’accesso equo al contenuto audiovisivo alle persone con disabilità visiva e/o uditiva: “Si ritiene che il vigente quadro normativo assicuri l’equo accesso ai contenuti audiovisivi ai portatori di disabilità visiva e/o auditiva anche grazie all’impiego di nuove tecnologie che superano le barriere che tali disabilitano creano. Anche in questo caso si ritiene, tuttavia, opportuno un’integrazione delle disposizioni mediante forme di co-regolazione che sappiano assicurare il costante adeguamento delle misure adottate allo sviluppo dello scenario tecnologico”.
Su un altro fronte, la direttiva richiede agli Stati membri di garantire che le emittenti stabiliti nell’Unione abbiano accesso, a condizioni eque, ragionevoli e non discriminatorie, agli eventi di grande interesse pubblico, al fine della realizzazione di brevi estratti di cronaca: “Quando un’emittente televisiva ha i diritti esclusivi su un evento – commenta l’Accademia – gli altri canali TV possono mostrare brevi estratti di quell’evento. Tuttavia, le disposizioni in questione non paiono tenere in adeguata considerazione la circostanza per cui gli Europei registrano, accedono e condividono i contenuti rilevanti per loro, come gli estratti di eventi di grande interesse per il pubblico, arricchendole con fotografie e riprese video amatoriali per poi condividerli su siti di social e di sharing. In tal senso, tenuto conto della ratio della previsione potrebbe essere utile una disposizione che legittimi tale prassi”.
Infine, si consiglia di “mantenere lo status quo anche per ciò che attiene le disposizioni della direttiva sul diritto di rettifica”.